Stretta sul Credito in Italia nel 2024

Lo scorso settembre il Corriere della Sera riportava il seguente (preoccupante) dato relativo al mondo del credito: <<Nei bilanci del primo semestre 2024 le prime sei banche commerciali italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Monte dei Paschi di Siena, Bper, Credem, vedi tabella in basso, nda) hanno evidenziato un totale di 1.176,365 milioni di euro alla voce Crediti verso clientela.
Quella particolare voce dello Stato patrimoniale dei bilanci racchiude il totale delle erogazioni che gli istituti di credito hanno concesso alla loro clientela, composta da famiglie e imprese. Il medesimo valore all’inizio di quest’anno era leggermente superiore: 1.183,124 milioni. Se risaliamo al 1° gennaio 2023 troviamo un totale erogato di 1.234,932 milioni di euro. Il che significa che in 18 mesi il flusso di finanza che dalle sei principali banche italiane è arrivato all’economia reale è diminuito di 58,567 miliardi di euro.

Per comprendere la dimensione dei mancati finanziamenti, si può immaginare che, fatta salva l’attività degli altri attori, una banca grande una volta e mezza il Credito emiliano sia scomparsa dal mercato. Se poi volessimo allargare il campo di osservazione all’ultimo decennio, i valori diventerebbero davvero preoccupanti. In questa prospettiva però, da una parte c’è una discesa vera, una parte è attribuibile ad attività di razionalizzazione successive alle fusioni che hanno interessato il settore bancario, mentre una terza parte fondamentale è rappresentata da cessioni di crediti verso operatori specializzati, come si è oggi abituati a fare nei confronti degli Npl, i Non performing loans che vengono ceduti a banche specializzate e che arricchiscono il perimetro del cosiddetto shadow banking>>.

Guardando ai dati riportati, e’ evidente la flessione dei prestiti alle imprese che <<si registra anche nelle aree più dinamiche del Paese. «Abbiamo la fortuna di rappresentare una provincia virtuosa – dice Paolo Steparava, amministratore delegato dell’omonima azienda e vicepresidente di Confindustria Brescia, con delega a credito, finanza e fisco – per cui la nostra lettura talvolta risulta più soft rispetto a determinati fenomeni. Ma se è vero che il rallentamento che prevedevamo a inizio anno non è stato così deciso come si temeva, dall’altra parte i segnali di difficoltà non mancanoL’aumento dei tassi di interesse e il rallentamento dell’economia hanno portato anche nell’industria diffuse frenate. Il mismatch tra il flusso di cassa generato dalle aziende e l’elevato livello dei tassi ha appesantito le attività. Specie quelli di determinati settori. Nei consumi, ad esempio, il rallentamento è più evidenteNell’automotive, ambito nel quale opera la mia azienda, ci sono imprese che hanno visto cali di fatturato nell’ordine del 30 per cento, specie nel segmento della componentistica base».

Il dato e’ ancora piu’ incredibile se si pensa che in tutta Italia – e in particolare nelle Regioni “locomotiva” del Paese (Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto) gli indici di deterioramento del credito sono in continuo miglioramento da anni. Anzi: negli ultimi 10 anni (2024 compreso) a una riduzione del rischio medio effettivo le banche hanno corrisposto … diminuendo i crediti alle imprese.

<<Nel bresciano, nei primi tre mesi del 2024 il tasso ha raggiunto il 2,1 per cento; era allo 0,9 per cento dodici mesi prima. Anche questo ha influito sulla dinamica dei prestiti. Nel recente Booklet presentato da Confindustria Brescia, è scritto che, «nella sola provincia, a fine marzo 2024 lo stock dei prestiti a disposizione delle imprese industriali ammontava a 9,9 miliardi di euro, con una flessione del 12,8% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente», quando toccava gli 11,3 miliardi. A livello di regione Lombardia al 31 marzo l’erogato toccava 63,4 miliardi, contro i 67,1 precedenti.

Su questi dati di evidente frenata possono avere influito diversi fattori. Il rallentamento generale dell’economia, prima di tutto, soprattutto per quei settori che si rapportano con il mercato tedesco, in pesante e prolungata crisi. Ma poi possono insistere altri elementi, come la cosiddetta attesa strategica. Solo all’inizio di quest’anno si prospettavano sei tagli dei tassi da parte della Federal Reserve americana e un comportamento non dissimile da parte della Banca centrale europea. Otto mesi dopo si è registrata solamente una limatura di un quarto di punto da parte della Bce. Ma chi ha inizio anno stava valutando un investimento industriale e poteva permetterselo, ha probabilmente riprogrammato l’operazione al 2025 in attesa del realizzarsi di migliori condizioni sul mercato del credito: perché indebitarsi a gennaio se da ottobre posso farlo a tassi molto più convenienti? Questo è stato, a grandi linee, il pensiero di diversi imprenditori, anzi di molti di coloro che potevano rinviare gli investiment.>>

Fonte: Corriere della Sera 

Ma se gli imprenditori non investono, anche i risultati dell’economia italiana peggioreranno. Perche’ l’economia (e anche il lavoro) cresce se crescono gli investimenti. In Italia, un Paese ancora fortemente dipendente dai finanziamenti bancari, le imprese non riescono a investire se non hanno a disposizione prestiti. O equity, uno strumento estremamente scarso.

Per le banche, avere a disposizione la prima “Centrale Rischi Fatture” come CreditChain puo’ significare disporre di strumenti che facilitano la concessione di prestiti alle imprese.

Se sei una banca e vuoi scoprire come attivare la tua “Centrale Rischi Fatture“, siamo a disposizione. Se desideri qualche informazione in piu’ su di noi vai alla sezione “Chi siamo”.

In questo articolo abbiamo indicato in dettaglio le differenze rispetto alla Centrale Rischi di Banca d’Italia.